Farm A Platform for Change dalla Sicilia nuovi modi di rigenerazione urbana e sociale. Leggi anche su ARTRIBUNE
È una “Platform for Change” quella promossa e a cura di Farm Cultural Park, che coinvolge sette piccoli comuni dei Monti Sicani. Un progetto pensato come luogo di ascolto e sviluppo dei territori, che vede il protagonismo di cittadini, amministrazioni e associazioni culturali di ciascun Comune. Si chiama Sicani Creative Festival ed è un progetto vincitore del bando MiBACT Borghi in festival. Vi racconto come nasce il progetto Sicani Creative Festival e perché è così importante e promettente. Con il privilegio dell’esperienza diretta. Accolti e coccolati come amici, da una umanità straordinariamente accogliente. Tra natura rigogliosa e selvaggia, architetture preziose e magnifiche memorie. In due giorni abbiamo vissuto una storia incantata, incontri intensi e riflessioni profonde, alla scoperta di territori nel cuore della Sicilia. Un percorso divertente e impegnativo, quello che ha accolto la “carovana creativa” organizzata da Farm Cultural Park. Con tanta partecipazione che c’è da scommettere che un cammino di crescita, solido e vigoroso, sia germogliato. Come il progetto, anche questo racconto viaggia in una spirale di andate e ritorni, nel tentativo di illustrare l’ampiezza delle possibilità. Guarda il video della carovana creativa
Sicani Creative Festival non è solo un progetto di rigenerazione urbana e ricostruzione del senso di comunità per rivitalizzare i piccoli paesi montani. È un progetto che, attraverso una valorizzazione e reinterpretazione delle tradizioni, vuole aprire nuove strade verso il futuro. Del resto, reinventare il rapporto tra uomo e natura, individuo e società, è missione ineludibile questo inizio secolo, foriero di nuove consapevolezze. Dalle urgenze ecologiche, all’esigenza di un nuovo equilibrio tra locale e globale, fino alla revisione del concetto stesso di lavoro, derivante dalle nuove possibilità tecnologiche.
Parlando di spazio vitale, riqualificazione e rivitalizzazione dei borghi come urgenza contemporanea, può essere letta nella prospettiva del millenario mutamento degli insediamenti umani. Trasformazione che procede dai villaggi preistorici, alla polis greca, ai borghi medievali dell’economia agricola, alle città rinascimentali dell’artigianato, “alla metropoli industriale, alla megalopoli transazionale, fino alla telepolis digitale”. Proprio nella telepolis corrente, compare con forza un rinnovato desiderio per una maggiore dimensione naturale della vita. Riallacciare relazioni sarà la sfida principale, per questo, destinatari e attori protagonisti, convolti da Farm Cultural Park nel Sicani Creative Festiva, sono giovani e anziani così da abbracciare tutta la società.
Parlando di lavori contemporanei, alcuni in via di estinzione, altri da inventare tra iper-tecnologie e nuove aspettative, la cornice del Sicani Creative Festival produce un’atmosfera magica e costruttiva, fatta di sogni e progetti. Con l’obiettivo di contrastare processi di spopolamento, si propongono sperimentazione e definizione di nuovi meccanismi economici, capaci di restituire nuove offerte di lavoro sempre più globale pur nelle connessioni locali. Lavoro inteso come autorealizzazione e sostentamento.
Cento anni fa John Maynard Keynes annunciava che sarebbe arrivato un momento in cui l’uomo avrebbe potuto/dovuto lavorare solo tre ore al giorno. Ora ci siamo, il momento è arrivato per la collettività mondiale, in primis per le economie più evolute. A tale riguardo, il filosofo Maurizio Ferraris lancia una visione propositiva, che non può che passare da una nuova cultura collettiva. Il nuovo sistema economico centrato sul web, produce nuove zone grigie. Il nuovo lavoro, non considerato e non pagato è quello sui social. Per questo, la strada di creare una “webfare” che riconosca il valore del lavoro di condividere dati. È una prospettiva che illumina la falsa idea che l’uomo sia schiavo, della tecnica prima e del web ora, semplicemente facendo notare che senza umano, tecnica e web non esistono. Per esempio, infatti, è fin troppo banale rilevare che si possono realizzare macchine per produrre o confezionare cibi o qualsiasi altra cosa, ma non si possono produrre macchine per consumare, cibi o qualsiasi altra cosa.
E allora torniamo agli eventi. Nei molti incontri nei bellissimi borghi, o piccole città, sindaci, amministratori, partner, referenti dei comuni e cittadini, giovani e anziani, hanno illustrato le proprie visioni.
Mostrando grandi attese e speranze verso un progetto collettivo che, sulla base delle esperienze vissute, propone una strada percorribile per dare nuova centralità ai cittadini e di conseguenza alle città stesse. Città che diventano capaci di generare nuovi rapporti economici e culturali sia al proprio interno, sia nel territorio provinciale, regionale e globale. Del resto, come sostiene Charles Landry, le città di tutte le epoche “sono i manufatti più sofisticati ed elaborati che gli esseri umani abbiano mai concepito”, la cui evoluzione sociale, economica e culturale richiede: volontà, perseveranza e coraggio, nel demolire i meccanismi viziosi, e introdurre innovazioni, lavorando sullo spazio e sui legami. Un sistema città è creativo quando consta di individui e organizzazioni flessibili, che interagiscono su principi di fiducia ed auto-responsabilità.
Ed è proprio pensando all’auto-responsabilità che il progetto S.C.F. ha cercato un approccio pedagogico che apprende e impara contemporaneamente, e produce avanzamento. Lo stesso metodo sviluppato alla Farm di Andrea e Florinda, con Alessandro Cacciato e sistematizzato nella collaborazione con l’Università di Palermo. Procedimento che Maurizio Carta e il suo team, illustrano a partire dall’analisi delle parole che determinano il perfezionamento del linguaggio. Le parole sono fondamentali e definiscono le epoche, e nuove epoche hanno bisogno di nuove parole, per narrare le nuove consapevolezze, dice il sociologo Michel Maffesolì.
Così Maurizio, lancia il gioco di reinventare parole e significati. In ogni Comune propone di eliminare una parola e sostituirla con una dal contenuto più ampio e futuribile. Cominciando dalla parola borgo che è sostituita dalla parola città, per sottolineare la complessità dei territori cui il progetto è rivolto. La parola identità è sostituita con sincretismo che esprime intreccio e fusione. La parola innovazione è sostituita con evoluzione. L’espressione “aree interne”, lascia il posto a “territori interni”, per sostituire un concetto astratto e matematico con un concetto che meglio esprime la fisicità dei luoghi e dei segni della storia. L’accezione degradata della parola politica è sostituita con l’originale significato di politica come voce corale e impegno dei cittadini tutti. Sono eliminate tutte le parole binarie, che esprimono contrapposizioni, da sostituire con parole che esprimono possibilità molteplici e compresenze. Sono sostituiti nomi di singoli, con nomi collettivi, così da rendere sostanziale e futuribile il progetto di rivitalizzazione dei territori e delle politiche di sviluppo.
Stabilito il linguaggio comune, con le nuove parole proposte, S.C.F. “A Platform for Change” diventa procedimento di ascolto e progettazione condivisa. In tutte le tappe, amministratori e cittadini stanno al gioco e presentano i punti di forza delle proprie città. Elencano i luoghi sottoutilizzati che potrebbero essere rivitalizzati per fare da cerniera tra vecchio e nuovo, illustrano le proprie visioni future.
Dalla prima all’ultima tappa è vivida la moltiplicazione costante di entusiasmo, condivisione, e presenza della cittadinanza. Soprattutto è emozionante la crescente partecipazione attiva dei giovani che lanciano idee e progetti creativi, mostrano desideri e collaborazioni. Giovani colti e appassionati che vogliono vivere nel proprio territorio per migliorare se stessi e la collettività. Così all’ultimo incontro, che si svolge all’una di notte nel bellissimo chiostro rinascimentale, i giovani sono davvero tanti, provenienti da quasi tutti i comuni incontrati. Nella magica notte creativa fioriscono proposte concrete e soprattutto il nome dei singoli comuni confluisce nell’espressione partecipata: siamo sicani! La terra dei sicani che conta circa 140.000 abitanti si risveglia e si scopre giovane e coesa, con la mente proiettata nel mondo, i piedi saldamente ancorati nella terra, le mani colte di nuove tecnologie, e il cuore intriso di storia e appartenenze, sempre nuove e molteplici.
Accidenti che bella storia quella che nasce con il progetto Sicani Creative Festival.
Ma il successo non si improvvisa! Si costruisce negli anni, con serietà, abnegazione ed investimento personale di risorse economiche e relazionali, di tempo e credibilità. La sostenibilità di Sicani Creative Festival scaturisce dalla decennale esperienza dei promotori, di Farm, come la chiamano gli amici. E dunque non possiamo comprendere il buon esito annunciato di questo progetto, senza raccontare di Farm.
Farm Cultural Park è una storia d’amore, e si sa, l’amore è la cosa più potente al mondo.
Andrea Bartoli e Florinda Saieva, i fondatori di Farm Cultural Park, sono certamente persone fortunate, dalle origini agiate, in luoghi incantati, ricchi di storia e rigogliosa natura. E sono fortunati ad aver respirato amore e rispetto per arte e cultura, per gli esseri umani, per la famiglia e per la collettività. Come signori d’altri tempi, si sono sentiti responsabili delle sorti della propria terra. Così hanno trasformato il loro incontro in una risorsa preziosa da mettere a valore per la comunità, promuovendo la crescita del benessere collettivo. Una storia d’altri tempi. Come quella vissuta da Lorenzo il magnifico che nella sua lunga visione gettò le basi per costruire un patrimonio storico artistico di cui ancora l’Italia vive di rendita. Come la storia di Adriano Olivetti che considerava l’umanità dei suoi dipendenti, prima della loro produttività. Una storia d’altri tempi come quella dei molti esseri umani che hanno costruito tutto il buono e prezioso dell’Italia di oggi.
Partiti alla volta del mondo, Andrea e Florinda sono ritornanti, nella propria Sicilia, con il buon cuore di condividere la propria fortuna. Per non abbandonare il proprio paese ad un destino distorto da corte vedute, da sguardi implosi su sogni spezzati o mai nati, dove conoscenza e consapevolezza sono distanti, assenti per tradizione, per tabù.
Andrea e Florina, carichi di una vita brillante di relazioni internazionali, tornano nella piccola Favara a seguito di una disgrazia che aveva colpito la comunità cittadina. Iniziano a ristrutturare e ricucire brandelli di città investendo le proprie risorse e conoscenze, e portano il mondo a Favara che ora è la loro casa. Ma non creano un’isola privilegiata. Aprono la loro casa a tutti i cittadini locali e globali contemporaneamente. Allo stesso modo. Senza distinzioni. Senza serie a e serie b. Con la stessa solare cordialità accolgono la Zia Maria e le personalità cosmopolite che diventano ambasciatori di Favara nel mondo. Così Farm in dieci anni diventa un eccezionale attrattore internazionale e leva di progresso territoriale. Come un mare di piccole gocce, che nutrono di nuova linfa i pensieri, Farm genera uno squarcio di luce nel grigio di degrado e abbandono. Si può fare!!.
Ci vuole coraggio e determinazione. Perseveranza e follia ma si può fare. Dopo dieci anni Farm contagia di creatività l’intorno. Così nasce il progetto Sicani Creative Festival.
E torniamo al progetto con altre prospettive. Un progetto che esporta metodi e sogni ed importa pensieri e tradizioni. Li importa in un circuito internazionale per raccontare il prezioso che sempre c’è in ogni territorio. Il prezioso delle millenarie culle di civiltà che sono la Sicilia, l’Italia e tutto il mediterraneo. Dove coste frastagliate, inondate di sole e sbarchi, dalla notte dei tempi, hanno accolto guerre e nuovi pensieri, mescolando oro e sangue, sogni e disperazione. Facendo rifugiare i nativi sulle colline, da dove era facile controllare arrivi e nemici. Le colline dove nel medio evo sono fiorite le meravigliose città che ancora incantano. Cittadine fortificate che dopo le due guerre mondiali, con il miope e selvaggio processo d’industrializzazione, sono state abbandonate, perché non rispondevano più alla vita moderna. Quella vita contemporanea, che via via si arricchiva di cose e via via perdeva emozioni, relazioni, senso della collettività. Perdeva tradizioni e identità. Lasciando tutti più soli.
Lontano dalla natura l’uomo è ormai un concentrato di frustrazioni, la sua esistenza confusa è sterilizzata dalle macchine, (tecnologia e media aggiungo io), come scrive Frank Lloyd Wright in “La città vivente”.
Il progetto dei monti Sicani punta allora prima di tutto a ricostruire le comunità. Come in Farm Cultural Park di Andrea e Florinda, nei monti Sicani si riparte dall’essere umano, e dal suo rapporto con la natura. Perché solo quando i nuovi sogni saranno pensati in nuove cornici, magari di piccoli comuni collegati ed accessibili, solo allora, una nuova discussione sociale ed economica potrà innescare reazioni produttive. Nuove abitudini ispirate al buon senso, come narrate da Serge Latouche, filosofo della decrescita, nel senso di una società centrata sui legami prima che su consumi e finanza.
Sicani Creative Festival nasce da una storia d’amore, e si sa, l’amore è la cosa più potente al mondo.
di Mariantonietta Firmani
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